Sgosh autunnale

Sgosh autunnale

mercoledì 26 ottobre 2011

GNUS

Non che io mi annoiassi a starmene a casuccia mia, al caldo, a inseguire la Lucilla per mettere il collirio e a nominare tutti i santi del Paradiso mentre questa mi dilania le carni senza pietà alcuna, oppure a cercare di dare un senso ad un casa lasciata a se stessa per sei lunghi mesi. Però un pomeriggio ho pensato che magari mandare qualche curriculum qui e là non mi avrebbe causato danni permanenti al tunnel carpale, e ho riesumato la Sacra Lista con gli indirizzi di tutti gli alberghi della zona. Tanto per provare. Ridendo e scherzando ho inviato qualcosa come 600 curriculum.

Tre ore dopo circa, mi suona il telefono. "Sono la proprietaria dell'albergo ENORMESTRUTTURASULMARECONCENTROBENESSERE, è interessata ad un colloquio?". Ah beh, se volete provo a venire, ma non so nemmeno se una come me la fate entrare. "A domani, certo".

Mentre con falcata contadina, grattandomi la pancia con vigore, entravo lì dentro con la faccia di una bambina che non ha mai visto un albero di Natale illuminato, pensavo: "Qui dentro ci sto come un cavolo a merenda". Dieci minuti dopo, zero frasi per intero pronunciate, la proprietaria appuntava un grosso OK di fianco al mio nome.

Ho ancora sei giorni per realizzare cosa mi aspetta per i prossimi tre mesi.

L'albergo ha 240 camere, un centro benessere, due sale congressi, una piscina scoperta, tre bar e non so quanto altro. Voglio un navigatore, perché come minimo il primo giorno vado in bagno e una volta uscita dalla porta non sarò più in grado di trovare la strada verso la reception.

Lavorerò sei giorni la settimana, compresi i sabati, le domeniche, Ognissanti, l'Immacolata, Natale, Santo Stefano, Capodanno e l'Epifania. E' stato bello avere un compagno e una famiglia, manderò a tutti una cartolina che mi rappresenti come ero prima che il vortice mi divorasse.

Come mi ha raccomandato la proprietaria, il segreto sta nell'inserirsi nel loro team storico della reception. Si tratta di sette donne, e sapete che cosa possono fare della Aus sette donne affiatate? Polpette, saporitissime e tenerissime polpette. Non è che le altre donne mi trovino antipatica,  è che generalmente mi detestano. L'ultima volta che sono stata data in pasto ad un branco di femmine ho passato tre mesi e mezzo di inferno. Sono in una botte di ferro.

Al primo giro dell'albergo da sola, la Aus riuscirà a tornare indietro o la ritroveranno dopo mesi, affamata e priva di memoria, a mangiare l'intonaco dei muri spinta da un insperato senso di sopravvivenza? L'isolamento sociale e lo stress quanto ci metteranno a distruggerne nuovamente il sistema nervoso? Per quanto riguarda le colleghe, sento che inimicarsele sarà più facile del previsto.

Brindiamo alla precarietà del mondo di Ausdauer, dove tutto è sempre appeso ad un filo e il baratro è sempre sotto di lei che l'aspetta con gorgoglii di trepidante attesa.

venerdì 7 ottobre 2011

TIRANDO AMENAMENTE PORCHI QUI E LA'

Che la fortuna non stesse esattamente dalla mia parte l'avevo già intuito da un po', anche se non sono una persona così sagace.

La prima avvisaglia l'ho avuta a sei anni. Mia zia mi convinse a fare i buchi alle orecchie, comprando il mio atto di coraggio con una vaschetta di gelato. Mi presentai a questo signore di mezza età, e l'idea di decenni di esperienza mi tranquillizzò a tal punto che quando sbagliò clamorosamente l'altezza del buco non piansi nemmeno per lo stupore. Ricordo ancora questo simpatico orafo che ripeteva "mi dispiace tantissimo, è la prima volta che mi capita in trent'anni di carriera" e che mia zia quasi consolò per il dolore causatomi, mentre io ancora mi beavo nella mia ingenuità.

In seguito ci sono stati altri episodi degni di nota. Per esempio, avevo nove anni quando il dentista si convinse a togliermi l'incisivo superiore, dichiarato morto da quando all'età di cinque anni ero scivolata sui sandaletti nuovi sbattendo il muso per terra. Il dente era nero, per cui non esitò a spruzzarmi di un anestetito blando e mi disse "basterà tirare un po', non sentirai nulla". Io sentii che mi strappavano le gengive, ma con gli occhi lucidi e sgranati non dissi nulla per paura di essere considerata una piagnona. Il dentista estrasse un dente che non era affatto morto, ma aveva una radice ancora intera e mi rivolse lo sguardo più colpevole di cui ho memoria. "Ho strappato un dente vivo ad una bambina" ripeteva a mia madre, che invece si complimentava per la stoicità di sua figlia (irrimediabilmente perduta negli anni in seguito all'acquisita progressiva sfiducia nei camici bianchi-verdi-azzurri-multicolor).

A 18 anni sono rimasta a casa da scuola un mese per una sospetta mononuclesi. Mi fecero rifare gli esami del sangue sei volte: cinque volte sbagliarono il tipo di esame, una volta all'infermiera cadde la provetta. Avevo un braccio che parevo un'eroinomane e i miei primi veri istinti omicidi.

A 23 anni mi preparavo al mio secondo intervento in laparoscopia e ingurgitavo quei due litri di soluzione purgante inviando sacramenti a destra e a manca e giurando che mai più avrei voluto vedere una bottiglia di quel vomitevole liquido in tutta la mia vita. Ventiquattro ore dopo, con l'intestino lindo e lo stomaco ormai digeritosi per l'attesa, un medico mi disse che l'intervento era rimandato e che avrei dovuto ricominciare la preparazione intestinale entro qualche giorno. Mangia in un quintalozzo di lasagne per consolarmi delle mie disgrazie.

Martedì mi hanno messo l'holter pressorio. Un aggeggio giusto un tantino angosciante: ogni 15 minuti esatti suona e ti avvisa che devi fermarti, rilassarti e che sta per partire la misurazione. Il che, oltre ad essere di una comodità opinabile (specialmente se stai guidando e sei in curva), mi mette in una condizione di ansia perenne. L'esame consiste nella misurazione della pressione arteriosa  nell'arco di 24 ore. La notte le misurazioni sono silenziose e hanno una frequenza di mezz'ora, frequenza che ti lascia il tempo di addormentarti per sfinimento e svegliarti dopo 25 minuti in preda allo stritolamento del braccio. Se per caso la misurazione non va a buon fine la ripete dopo 2 minuti. E si raccomandano di svolgere le normali attività quotidiane senza farsi condizionare, il che mi sembra una discreta presa per i fondelli. Ebbene, il mio apparecchio è andato in crash dopo circa 21 ore di misurazioni estenuanti e una notte completamente insonne. Con la bava alla bocca sono giunta dal medico che doveva consegnarmi il tracciato per sentirmi dire: "Signorina, è davvero molto strano quello è successo. Si tratta di un caso rarissimo che succede ogni migliaia di misurazioni, ma pare che qualcosa sia andato storto. L'esame non può essere ritenuto valido a causa delle rilevazioni errate delle ultime ore, dunque dovrà ripeterlo."
 
Ebbene, in questo momento ho di nuovo il maledetto apparecchio al braccio, la pressione alta ad ogni misurazione e di sicuro ho guadagnato un posto di riguardo all'Inferno in seguito a tutte le carinerie che ho pronunciato negli ultimi giorni.

Che le divinità abbiano in gloria tutti tranne me, mi raccomando.