Sgosh autunnale

Sgosh autunnale

giovedì 27 marzo 2014

IL PONTE


E' lunedì mattina e la sera prima, collegandosi ansiosamente da casa, la collega ha scoperto che ci sono da smaltire qualcosa come 250 mail, tra cataloghi e preventivi da inviare entro la mattinata. Entriamo in ufficio pronte al nostro lunedì davanti al pc ad infinitum, ci sgranchiamo le dita, beviamo un sorso di acqua e... ohibò! Che succede?? La connessione non funge?! Di lunedì mattina è la tragedia più grande che possa capitare.

Lanciamo una voce agli altri uffici, dove tutto pare funzionare a meraviglia. Poiché il venerdì l'ufficio è stato lasciato in ultimo dalla collega, che notoriamente in fatto di pc e cavi è un vero disastro e ha sicuramente staccato prese e alimentatori random, mi lancio nel tentativo disperato di rimettere in sesto il modem. Spingo cavi, riattacco alimentatori, prego in lingue che non conosco posseduta dal panico di dover trascorrere la mia vita in quel dannato ufficio. Niente. Imprecazioni dagli uffici vicini cominciano a diffondersi nell'aere, la tensione corre nel corridoio attraverso telefonate roventi alla Telecom, al nostro tecnico informatico e probabilmente anche al Papa. Il compagno di una collega ci informa che anche a Bologna stanno riscontrando problemi analoghi, forse si tratta di un black out regionale. Il tecnico informatico, giunto con il suo kit emergenze, fa la spola di ufficio in ufficio, raccontando che già nella serata di ieri la sua connessione casalinga sembrava collassare e che anche altri hotel in mattinata stanno registrando problemi. Che il mondo stia per finire?

Mentre sta controllando il nostro modem, alza lo sguardo verso di noi e tuona: "Ma chi ha fatto questo??".
La collega ed io ci guardiamo, e neghiamo, neghiamo, neghiamo ancora. "Qualcuno di voi ha collegato questo cavo LAN alle due estremità, vedete? Avete creato un ponte nel vostro modem che ha mandato in tilt tutta la connessione dell'albergo!". E di tutta l'Emilia Romagna vero? Santo cielo, no. Noi non abbiamo fatto nulla, era già tutto così. Il capo irrompe nell'ufficio dichiarando il nostro ufficio una vera vergogna, e prendendoci in giro senza pietà, mentre noi neghiamo, neghiamo, neghiamo.

In realtà, a pensarci bene, potrei aver collegato io il cavo. Potrei, ma non ne sono sicura. E chi può dirlo? Nessuno ha visto niente. Nessuno ne saprà mai niente. Io sono innocente, e i miei occhioni languidi ne sono stati la prova lampante. Chi mai potrebbe dare la colpa a me, che sono sempre così silenziosa e l'unico momento in cui apro la bocca davanti agli occhi del capo è per mangiare qualcosa all'ora di pranzo?

Ok, temo di essere stata io. Magari per quel dannato ponte sono stati riscontrati problemi anche a Dallas, Buenos Aires e Shangai, ma per carità, non ditelo a nessuno. Io sono una brava persona. No???



venerdì 21 marzo 2014

Ausdauer's Anatomy

No, non sono un chirurgo, dunque non trascorro felicemente le mie giornate sventrando gente e godendo profondamente nel farlo. Anche se, lavorando a stretto contatto con la gente, spesso e volentieri vorrei poterlo fare.


Ogni sera, da un po' di tempo a questa parte, in casa Ellouin-Aus ci si dedica a questo telefilm, snobbato per 10 anni e di cui ora, ahinoi, non possiamo fare a meno. Dalla prima serie all'ottava (dunque non spoilerate, che tanto mi sono già spoilerata ampiamente da sola leggendo su Wikipedia), bavosamente catturati dalla tensione emotiva del telefilm con i chirurghi più sfigati della terra, i quali, inspiegabilmente, riescono a farmi sentire una sfigata alla seconda di fronte a tutte le loro innumerevoli disgrazie. 

Perché loro sono sempre fighi, perfetti, in forma, nonostante non facciano altro che lavorare.
Non dormono per 48 ore dopo aver effettuato interventi di dieci ore filate, ma non hanno un capello fuori posto e nemmeno l'ombra di un'occhiaia sotto l'occhio sempre vigile. Io, per contro, dopo un paio di turni in chiusura/apertura, ho la faccia di una che è appena stata riesumata da un sarcofago millenario e non potrei mai pronunciare la parola "anastomosi", dal momento che a stento riesco a dire il mio nome senza sbavare.
I suddetti interventi di 10 ore filate vengono condotti senza esitazioni, senza uno sbadiglio, senza un "ommioddio devo andare in bagno". Io, che invece sono veramente una donna senza midollo, se mangio al volo una pasta con zucchine a pranzo dieci minuti prima di entrare in sala conferenze per un corso, devo scappare dopo pochi minuti vinta dalla vescica strabordante. 


E hanno tutti un fisico perfetto, scolpito, nonostante trascorrano giorno e notte in ospedale nutrendosi di cibo spazzatura propinato dalla mensa ospedaliera. Hanno sempre nel piatto panini giganti, patatine fritte, cibo unto e bisunto. Io dopo 4 mesi di pranzi e cene in hotel, senza la possibilità di fare il benché minimo addominale, ho le fattezze dell'omino Michelin.
Senza contare che vivono in quel dannato ospedale, poi tornano a casa e la loro dimora è linda, il frigorifero pieno, il bagno sempre agibile. A casa mia, dopo qualche settimana di lavoro ininterrotto, possono essere rinvenute forme di vita alternative e avventurarsi per fare la doccia è un'esperienza solo per cuori impavidi. 


E non solo: ogni minuto libero che hanno nella loro esistenza lo passano a copulare come ricci libidinosi. Hanno cinque minuti di pausa tra un intervento e l'altro? Si accoppiano.
Tornano a casa dopo 38 ore di turno in ospedale? Uniscono i loro corpi nell'estasi suprema dell'amore (cit).


Un paziente muore? Pazienza, c'è la saletta per i riposini, in cui spero vivamente che ogni tanto cambino le lenzuola.

Shonda Rhimes, non me la racconti giusta. Voglio un telefilm realistico sulle condizioni psicofisiche in cui versano le persone di cui si abusa sul lavoro. Voglio un telefilm dove una Aus, devastata da un turno di 140 check in, ottiene un primo piano sull'occhio crepato, il ghigno sardonico sulle labbra e l'unico capello bianco, grosso come un tronco di pino, che spunta gridando vendetta. 

venerdì 14 marzo 2014

Piccola Ausdauer non cresce

Ambulatorio del medico strapieno, un solo posto a sedere che lascio libero per educazione, data l'età media dei presenti. Una vecchietta stringe il suo bastone urlando una serie di malanni e di vicissitudini mediche tristissime, l'altra vecchietta cerca di attirare la sua attenzione con altrettante mirabolanti storie di interventi al cuore e sofferenze indicibili, ottenendo come unica risposta "signora, non la sento e non posso risponderle, sono sorda!". Incurante di ciò una terza vecchietta, sentendosi minacciata nell'ego da coetanee più acciaccate di lei, si inserisce nella conversazione agitando un altro bastone. Poiché, ahimè, mi è giù successo di ricevere bastonate da vecchiette inviperite, esco dall'ambulatorio e mi siedo sul gradino dell'entrata, per godere di aria fresca, sole e pace.
La porta si apre di continuo e si sente: "La ragazza è andata via? Ah, no, è qui!". Alla quarta volta, dopo un'ora di sosta sul freddo gradino, decido di rientrare. Le ore passano, tutti gridano il proprio dolore, si comincia a cronometrare il tempo medio di ogni visita e a commentare negativamente chiunque si trattenga più di qualche minuto. Cerco di leggere il mio libro, ma la voce della vecchietta che narra il suo intervento al cuore mi trafigge i neuroni. 
Dopo due ore e mezzo rimaniamo in pochi, ma lo sconforto dei presenti è grande.

"Tu non ci metti molto di sicuro" mi guarda la signora torva, dimenticando che comunque vada, io sono l'ultima dei presenti in fila. Scuoto la testa e lei mi fissa. 
"Hai un sacco di pazienza..." mi dice con finta aria benevola.
"Beh, non posso fare diversamente..." le rispondo alzando le spalle.
"Quindi oggi niente scuola?"
Scoppio a ridere. "Ho finito la scuola da 13 anni signora... comunque grazie!". 
La signora non sembra affatto convinta. "Mah, mi sembri tanto una ragazzina."
"Eppure..."
Guarda l'orologio, guarda me e sbotta: "E' l'una, ma la mamma ti avrà già preparato qualcosa..."

Ma magari signora!! 15 anni in meno, pappa pronta tutti i giorni, pur di saltare la scuola mi sparo tre ore e mezzo di ambulatorio medico, torno a casa e siccome sono tanto balata la mamma mi ha preparato il mio piatto preferito, dopo di che posso pure lasciarmi cadere sul divano e guardare un po' di telefilm. La cosa migliore, dato che il mio metabolismo adolescenziale me lo permette, posso mangiare quel che mi pare, quindi la mia merenda sarà una bella piadina fontina e prosciutto scaldata alla piastra, e non ingrasserò di un grammo per questo. E per sabato sarò addirittura magicamente guarita per uscire con le amiche.

Sì sì.

Ah, no, dannanzione, ho quasi 33 anni, se solo mi prendo un raffreddore rantolo per una settimana, con 39 di febbre devo comunque prepararmi il pranzo e la mia merenda sarà soltanto qualche grammo di frutta. Magari signora, magari!!


martedì 11 marzo 2014

Insonnia, che passione!

Ho letto che in Italia nove milioni di persone soffrono di insonnia. Mah, nel raggio delle mie conoscenze, pare che esista soltanto io.

A chiunque io dica che passo gran parte delle mie notti tra un risveglio e l'altro, tentando di dormire un numero sufficiente di ore per la mia sopravvivenza non tanto fisica quanto cerebrale, mi risponde:

- "no guarda, io la sera sono talmente stanco che crollo e non mi sveglio fino al mattino" (io invece che magari non dormo da giorni, sono talmente riposata che non vedo perché dovrei dormire... specialmente quando capita che in 24 ore ne ho lavorate 17 o più e ne ho dormite al massimo 3 - in quel caso è evidente che non dormo per l'eccessivo riposo)

- "non so di cosa parli, mi addormento come un sasso in tutti i luoghi, in tutti i modi, in tutti i laghi" (e io invece con tappi nelle orecchie, buio completo, CdM che cerca di non respirare per non muovere nemmeno un cm di coperta, mi sveglio per qualsiasi flatulenza di zanzara)
- "prova con una bella camomilla e una tisana rilassante... io se sono un po' agitato poi mi addormento in 5 nanosecondi" (e io invece ottengo come unico risultato che vado in bagno 8954 volte in più durante la notte).

Non parliamo del CdM, che non è che dorme: lui defunge. Una volta che si è addormentato è come se fosse totalmente privo di vita: un giorno mi sono sentita male, ho arrancato fino al bagno sbattendo ovunque soffocando grida strazianti di dolore, accendendo luci e porcando senza fine... dopo aver quasi perso i sensi in bagno per 20 minuti, sono tornata in camera pronta a scusarmi per averlo svegliato in preda alla morte imminente e invece lui dormiva come se nulla fosse successo. L'indomani, appreso l'accaduto, ha avuto anche il coraggio di chiedermi con aria di rimprovero: "Ma perché mai non mi è hai svegliato??!". Perché eri MORTO, santo cielo. 



La cosa peggiore dell'insonnia è vedere intorno a te il resto del mondo che dorme che se non ci fosse un domani. Ricordo ancora una delle notti peggiori della mia esistenza: avevo 8 anni, era la notte di Capodanno. Mio fratello dormiva come ogni bambino normale, i miei genitori svenuti nel letto con ancora la tv accesa. E c'era Marisa Laurito che urlava, faceva il trenino, aveva quella voce terribile... ero sola con la Laurito che si sgolava, non lo dimenticherò mai. Che sia cominciato tutto da lì? Ancora oggi quando sento la voce della Laurito ho una crisi di ansia.

Se potessi esprimere un desiderio, non sceglierei di diventare la donna più ricca del mondo. No, voglio essere la donna che dorme 10 ore filate a comando, in mezzo ad un concerto di martelli pneumatici, con la terra che si squarcia sotto di lei e il sole che la arrostisce a 180° come se fosse un tenero arrosto.
In pratica, a pensarci bene, vorrei essere il mio moroso. O uno di questi due animali.










lunedì 10 marzo 2014

Nonna


Mia nonna non è mai stata una donna piena di tentacoli e a labbra protese, pronta a risucchiare nel vortice i nipoti ogni volta che le capitavano a tiro. Anzi, poiché le capitavamo a tiro tutti i giorni abitando proprio davanti a casa sua, di baci e abbracci da mia nonna credo di non averne mai ricevuti.

In compenso la sua missione era nutrirci. Ad oltranza, di qualsiasi cosa, a qualsiasi ora del giorno, possibilmente con cibi dalle calorie direttamente proporzionali al suo amore per noi.



D'estate il Vater ci svegliava verso le 6,30 e nessuno allora si scandalizzava perché dei bambini piccoli erano fuori a correre per i campi alle 7 del mattino. Anzi, mia nonna approvava. Alle 7 la sua casa odorava già di soffritto e non credo potrò mai dimenticare l'odore della sua cucina. 
A pranzo già pronto, usciva poco dopo per fare la spesa e al suo rientro, alle 9, suonava il campanello della bicicletta al grido di "bambini, è arrivata la merenda!". Focaccia, prosciutto cotto, pizza al pomodoro, Ritz, yogurt da bere: si entrava in casa pieni di entusiasmo, si spalancavano le fauci e si divorava tutto. Mia nonna ci guardava uscire di casa sorridendo: nipoti a pancia piena, nonna felice. 

D'inverno, ammalarsi si traduceva sempre nel posto d'onore sul divano della nonna, che preparava con cuscini e coperte da cui non ci si doveva alzare se non in caso di impellente bisogno e lì venivano serviti tisane preparate ad hoc, cibarie varie, succhi di frutta, medicinali all'occorrenza. Tutti i bambini rientravano a scuola un po' debilitati dall'influenza, noi dopo una settimana di cure dalla nonna tornavamo in classe belli freschi e floridi come dopo una settimana in montagna.

Rifiutare il suo cibo era impensabile. Verso i 13 anni il mio appetito è diventato incontenibile, con sua enorme soddisfazione, e da quel momento non è stato mai più possibile pronunciare frasi come "no, grazie, non mi va" oppure "nonna, sono piena". Quando uscii dall'ospedale dopo un intervento e con la precisa indicazione di seguire una dieta leggera nel post-operatorio, mi aspettò al varco con un piatto enorme di lasagne e rimase offesa per giorni perché non potei nemmeno toccarle. Non mangiare qualcosa da lei amorevolmente preparato per noi, era come rifiutare il suo amore.

Ci fu il periodo in cui ogni santissima mattina, alle 6,30 preparava quintali di budini e alle 7 cominciava a chiamare tutti a rapporto per la distribuzione delle cibarie. Che fosse domenica, che fossimo in vacanza, che io ormai fossi grande e la mattina volessi dormire, non aveva alcuna importanza. Alle 7 il citofono suonava implacabile e guai ad accampare scuse come "sono in pigiama, vengo più tardi". Il budino era pronto, perdio!! E andava mangiato, subito, possibilmente sotto la sua supervisione. 

Dalla mia adolescenza in avanti, ha tenuto d'occhio ogni mio movimento, arrivando persino a seguirmi in bicicletta per km per assicurarsi che non mi stessi mettendo in qualche guaio, che non fossi finita a drogarmi per le strade, che non stessi per rimanere incinta di qualche vagabondo alla pericolosissima età di 14 anni. Mi faceva domande trabocchetto, e poi si confrontava con la Mutti con fare autoritario per dimostrarle che sì, per fortuna aveva preso lei in carico la situazione!



La sua salute non è mai stata buona: il suo peso era notevole, soffriva di diabete, aveva innumerevoli acciacchi di cui non mancava di lamentarsi. Tra un lamento e l'altro, mentre ti offriva il pranzo/la cena/la merenda/spuntini di vario genere e natura, potevi salvarle l'umore soltanto proponendole la cosa che amava di più al mondo: un bel giretto all'ipermercato. Una volta presa la patente ho spesso usato questa tattica per rifiutare qualche dolciume e renderla comunque felice. Un minuto prima lamentava un'impossibilità assoluta al muoversi, il minuto dopo sfrecciava con il carrello tra le corsie comprando ogni ben di Dio. Era talmente felice che finiva sempre per regalarmi quelle due cose che mettevo nel mio cestino e che cercavo di nascondere per potermele comprare da sola.

Quando l'anno scorso sono venuta a vivere nella sua vecchia casa, proprio di fianco a lei, ogni volta che entravo da lei mi facevo tritare qualcosa per fare un soffritto e lei, che magari un minuto prima stava piagnucolando per la sua condizione, si rianimava e mi riempiva un contenitore da surgelare.
Ogni giorno mi chiedeva cosa avevo preparato da mangiare per il CdM e se mi vedeva uscire a cena da sola, magari per vedere delle mie amiche, mi guardava piena di disapprovazione, perché lasciavo mio "marito" solo e senza cibo mentre andavo a divertirmi. Faceva retromarcia con la sua sedia a rotelle, e scuotendo la testa di allontanava mordendosi la lingua.

L'ultima porzione di soffritto l'ho usata qualche settimana fa, e ogni volta che entro in casa sua la cosa che mi rende più triste in assoluto è che l'unico odore che si sente è quello dei miei panni stesi ad asciugare. 

Non ho mai creduto in queste cose, ma mi piace pensare che ora lei sia in un immenso supermercato, a riempire carrelli su carrelli, con quel sorriso che aveva sempre quando sapeva di aver comprato qualcosa di buono che avrebbe messo sul fuoco di lì a poco. 

(Nonna, mi sono messa a dieta e ho perso 5 kg... so che mi guarderesti accigliata come facevi sempre quando eri contrariata, e poi mi offriresti qualcosa di ipercalorico, come le tue famose cotolette, assicurandomi che sono fritte in un filino di olio e che la carne mica fa ingrassare...) 





venerdì 7 marzo 2014

Sono mesi che digito su "nuovo post"

e non scrivo mai una parola.

Adesso basta, è ora di rompere il silenzio. Il blog racconta una storia, il blog è catarsi, il blog deve risorgere!

Tra meno di 10 giorni rientro al lavoro dopo la pausa invernale. Ci saranno lacrime, sangue, esaurimento. Cosa me lo fa pensare? E' una settimana che la mia collega mi chiama inveendo, singhiozzando e spargendo ogni volta una ventata di morte e distruzione di sogni e belle speranze. La serenità è utopia. Io che non muoio di ansia è utopia.

Sono stata dalla dottoressa nuova (il mio adorato dottore è purtroppo stato trasferito) ed era la prima volta che entravo nell'ambulatorio con il mio bel fardello. Tre ore in sala d'attesa dove ho sentito tutti e dico tutti i fatti privati di quelli che erano in ambulatorio. Il pover'uomo prima di me doveva fare uno spermiogramma per controllare il numero dei suoi spermatozoi: quando è uscito nessuno riusciva a guardarlo in faccia.
Quando sono uscita io, dopo aver raccontato per 20 minuti la mia triste storia, le facce in sala d'attesa erano compassionevoli. "Ciao e auguri" mi ha detto una signora, facendomi sentire una vera sfigata.

Tra i mille cambiamenti avvenuti in questi mesi di disoccupazione, c'è stato anche il mio definitivo esilio dalla casa materna. Dove un tempo c'era una cameretta piena di maialini, libri, e dove per anni ha regnato un assetto da studio matto e disperatissimo...




.... ora c'è questo, futuro vano scala e salotto della casa di mio fratello.


Qualcosa mi dice che non tornerò mai più a vivere con la Mutti.