Sgosh autunnale

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lunedì 10 marzo 2014

Nonna


Mia nonna non è mai stata una donna piena di tentacoli e a labbra protese, pronta a risucchiare nel vortice i nipoti ogni volta che le capitavano a tiro. Anzi, poiché le capitavamo a tiro tutti i giorni abitando proprio davanti a casa sua, di baci e abbracci da mia nonna credo di non averne mai ricevuti.

In compenso la sua missione era nutrirci. Ad oltranza, di qualsiasi cosa, a qualsiasi ora del giorno, possibilmente con cibi dalle calorie direttamente proporzionali al suo amore per noi.



D'estate il Vater ci svegliava verso le 6,30 e nessuno allora si scandalizzava perché dei bambini piccoli erano fuori a correre per i campi alle 7 del mattino. Anzi, mia nonna approvava. Alle 7 la sua casa odorava già di soffritto e non credo potrò mai dimenticare l'odore della sua cucina. 
A pranzo già pronto, usciva poco dopo per fare la spesa e al suo rientro, alle 9, suonava il campanello della bicicletta al grido di "bambini, è arrivata la merenda!". Focaccia, prosciutto cotto, pizza al pomodoro, Ritz, yogurt da bere: si entrava in casa pieni di entusiasmo, si spalancavano le fauci e si divorava tutto. Mia nonna ci guardava uscire di casa sorridendo: nipoti a pancia piena, nonna felice. 

D'inverno, ammalarsi si traduceva sempre nel posto d'onore sul divano della nonna, che preparava con cuscini e coperte da cui non ci si doveva alzare se non in caso di impellente bisogno e lì venivano serviti tisane preparate ad hoc, cibarie varie, succhi di frutta, medicinali all'occorrenza. Tutti i bambini rientravano a scuola un po' debilitati dall'influenza, noi dopo una settimana di cure dalla nonna tornavamo in classe belli freschi e floridi come dopo una settimana in montagna.

Rifiutare il suo cibo era impensabile. Verso i 13 anni il mio appetito è diventato incontenibile, con sua enorme soddisfazione, e da quel momento non è stato mai più possibile pronunciare frasi come "no, grazie, non mi va" oppure "nonna, sono piena". Quando uscii dall'ospedale dopo un intervento e con la precisa indicazione di seguire una dieta leggera nel post-operatorio, mi aspettò al varco con un piatto enorme di lasagne e rimase offesa per giorni perché non potei nemmeno toccarle. Non mangiare qualcosa da lei amorevolmente preparato per noi, era come rifiutare il suo amore.

Ci fu il periodo in cui ogni santissima mattina, alle 6,30 preparava quintali di budini e alle 7 cominciava a chiamare tutti a rapporto per la distribuzione delle cibarie. Che fosse domenica, che fossimo in vacanza, che io ormai fossi grande e la mattina volessi dormire, non aveva alcuna importanza. Alle 7 il citofono suonava implacabile e guai ad accampare scuse come "sono in pigiama, vengo più tardi". Il budino era pronto, perdio!! E andava mangiato, subito, possibilmente sotto la sua supervisione. 

Dalla mia adolescenza in avanti, ha tenuto d'occhio ogni mio movimento, arrivando persino a seguirmi in bicicletta per km per assicurarsi che non mi stessi mettendo in qualche guaio, che non fossi finita a drogarmi per le strade, che non stessi per rimanere incinta di qualche vagabondo alla pericolosissima età di 14 anni. Mi faceva domande trabocchetto, e poi si confrontava con la Mutti con fare autoritario per dimostrarle che sì, per fortuna aveva preso lei in carico la situazione!



La sua salute non è mai stata buona: il suo peso era notevole, soffriva di diabete, aveva innumerevoli acciacchi di cui non mancava di lamentarsi. Tra un lamento e l'altro, mentre ti offriva il pranzo/la cena/la merenda/spuntini di vario genere e natura, potevi salvarle l'umore soltanto proponendole la cosa che amava di più al mondo: un bel giretto all'ipermercato. Una volta presa la patente ho spesso usato questa tattica per rifiutare qualche dolciume e renderla comunque felice. Un minuto prima lamentava un'impossibilità assoluta al muoversi, il minuto dopo sfrecciava con il carrello tra le corsie comprando ogni ben di Dio. Era talmente felice che finiva sempre per regalarmi quelle due cose che mettevo nel mio cestino e che cercavo di nascondere per potermele comprare da sola.

Quando l'anno scorso sono venuta a vivere nella sua vecchia casa, proprio di fianco a lei, ogni volta che entravo da lei mi facevo tritare qualcosa per fare un soffritto e lei, che magari un minuto prima stava piagnucolando per la sua condizione, si rianimava e mi riempiva un contenitore da surgelare.
Ogni giorno mi chiedeva cosa avevo preparato da mangiare per il CdM e se mi vedeva uscire a cena da sola, magari per vedere delle mie amiche, mi guardava piena di disapprovazione, perché lasciavo mio "marito" solo e senza cibo mentre andavo a divertirmi. Faceva retromarcia con la sua sedia a rotelle, e scuotendo la testa di allontanava mordendosi la lingua.

L'ultima porzione di soffritto l'ho usata qualche settimana fa, e ogni volta che entro in casa sua la cosa che mi rende più triste in assoluto è che l'unico odore che si sente è quello dei miei panni stesi ad asciugare. 

Non ho mai creduto in queste cose, ma mi piace pensare che ora lei sia in un immenso supermercato, a riempire carrelli su carrelli, con quel sorriso che aveva sempre quando sapeva di aver comprato qualcosa di buono che avrebbe messo sul fuoco di lì a poco. 

(Nonna, mi sono messa a dieta e ho perso 5 kg... so che mi guarderesti accigliata come facevi sempre quando eri contrariata, e poi mi offriresti qualcosa di ipercalorico, come le tue famose cotolette, assicurandomi che sono fritte in un filino di olio e che la carne mica fa ingrassare...) 





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