Sgosh autunnale

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venerdì 21 marzo 2014

Ausdauer's Anatomy

No, non sono un chirurgo, dunque non trascorro felicemente le mie giornate sventrando gente e godendo profondamente nel farlo. Anche se, lavorando a stretto contatto con la gente, spesso e volentieri vorrei poterlo fare.


Ogni sera, da un po' di tempo a questa parte, in casa Ellouin-Aus ci si dedica a questo telefilm, snobbato per 10 anni e di cui ora, ahinoi, non possiamo fare a meno. Dalla prima serie all'ottava (dunque non spoilerate, che tanto mi sono già spoilerata ampiamente da sola leggendo su Wikipedia), bavosamente catturati dalla tensione emotiva del telefilm con i chirurghi più sfigati della terra, i quali, inspiegabilmente, riescono a farmi sentire una sfigata alla seconda di fronte a tutte le loro innumerevoli disgrazie. 

Perché loro sono sempre fighi, perfetti, in forma, nonostante non facciano altro che lavorare.
Non dormono per 48 ore dopo aver effettuato interventi di dieci ore filate, ma non hanno un capello fuori posto e nemmeno l'ombra di un'occhiaia sotto l'occhio sempre vigile. Io, per contro, dopo un paio di turni in chiusura/apertura, ho la faccia di una che è appena stata riesumata da un sarcofago millenario e non potrei mai pronunciare la parola "anastomosi", dal momento che a stento riesco a dire il mio nome senza sbavare.
I suddetti interventi di 10 ore filate vengono condotti senza esitazioni, senza uno sbadiglio, senza un "ommioddio devo andare in bagno". Io, che invece sono veramente una donna senza midollo, se mangio al volo una pasta con zucchine a pranzo dieci minuti prima di entrare in sala conferenze per un corso, devo scappare dopo pochi minuti vinta dalla vescica strabordante. 


E hanno tutti un fisico perfetto, scolpito, nonostante trascorrano giorno e notte in ospedale nutrendosi di cibo spazzatura propinato dalla mensa ospedaliera. Hanno sempre nel piatto panini giganti, patatine fritte, cibo unto e bisunto. Io dopo 4 mesi di pranzi e cene in hotel, senza la possibilità di fare il benché minimo addominale, ho le fattezze dell'omino Michelin.
Senza contare che vivono in quel dannato ospedale, poi tornano a casa e la loro dimora è linda, il frigorifero pieno, il bagno sempre agibile. A casa mia, dopo qualche settimana di lavoro ininterrotto, possono essere rinvenute forme di vita alternative e avventurarsi per fare la doccia è un'esperienza solo per cuori impavidi. 


E non solo: ogni minuto libero che hanno nella loro esistenza lo passano a copulare come ricci libidinosi. Hanno cinque minuti di pausa tra un intervento e l'altro? Si accoppiano.
Tornano a casa dopo 38 ore di turno in ospedale? Uniscono i loro corpi nell'estasi suprema dell'amore (cit).


Un paziente muore? Pazienza, c'è la saletta per i riposini, in cui spero vivamente che ogni tanto cambino le lenzuola.

Shonda Rhimes, non me la racconti giusta. Voglio un telefilm realistico sulle condizioni psicofisiche in cui versano le persone di cui si abusa sul lavoro. Voglio un telefilm dove una Aus, devastata da un turno di 140 check in, ottiene un primo piano sull'occhio crepato, il ghigno sardonico sulle labbra e l'unico capello bianco, grosso come un tronco di pino, che spunta gridando vendetta. 

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